Hanno bisogno di più cure, più attenzioni, strategie di distrazione e abbracci perché provano più dolore dei bambini normodotati  e non sanno spiegarlo. E’ questo, in parole povere, il risultato di uno studio del Dipartimento di Pediatria dell’Irccs Burlo Garofolo di Trieste in collaborazione con il dipartimento di salute materno-infantile dell’Università di Padova, l’Azienda Ospedaliera “Civico-Di Cristina-Benfratelli” di Palermo e l’Ospedale di Dolo Mestre – ULSS3 Serenissima, attuato su alcuni bambini con deficit cognitivo.

Ricerca prima nel suo genere, quella in questione,  come spiega Il direttore del Dipartimento di Pediatria all’Irccs Burlo Garofolo di Trieste, Egidio Barbi. L’obiettivo che ha spinto l’equipe è stato quello di migliorare la gestione clinica dei bambini affetti da paralisi cerebrale, sindrome che colpisce il 3% della popolazione, riducendone dolore e stress durante le terapie.

L’analisi partita nel 2016, e conclusasi all’inizio del 2018, ha preso in esame 47 bambini con deficit intellettivo e 94 normodotati evidenziando che molto di frequente i bambini affetti da patologia di deficit cognitivo ricevono cure tardive. In particolare si fa riferimento alla diagnosi di dolore, spesso intempestiva rispetto a quella di un coetaneo normodotato. Tutto nasce dalla difficoltà dei piccoli affetti da questi disturbi a comunicare verbalmente il loro malessere, che risulta fisicamente amplificato e non adeguatamente percepito dal personale ospedaliero.

Ad evidenziarlo è stata un’indagine di un osservatore esterno, afferente ad ognuno dei centri ricercatori, che ha monitorato parallelamente  una serie di fattori fra i quali: le procedure di cura a cui sono stati sottoposti i piccoli pazienti, l’adozione di strategie di distrazione (bolle di sapone, musica, cartoni animati) e l’uso di abbracci, carezze, o di conforto verbale. Termine di paragone sono state le scale dedicate  alla misurazione di dolore e ansia/paura e il giudizio dei genitori. “Serviva un’indagine strutturata che riconoscesse i livelli di dolore/stress in pazienti pediatrici con deficit intellettivo, e li misurasse in maniera univoca”, conclude Barbi. “Anche per offrire più strategie alle famiglie che vedono la sofferenza del figlio ma non sanno sempre come gestirla al meglio. Da questa base di partenza possiamo ora procedere realizzando dei protocolli standardizzabili per migliorare le procedure”.

Stando ai dati pubblicati dallo studio sullo European Journal of Pediatrics, circa il 75% dei bambini con deficit cognitivi, prova dolore durante una settimana standard e il 50% circa trascorre una media di 9-10 ore alla settimana con un dolore moderato-severo, scindibile in due componenti fondamentali: una componente derivante da complicanze e patologie correlate alla condizione di base, che sono identificabili e trattabili (90%), e una componente iatrogena da procedure mediche (venipunture, interventi chirurgici, il 10%).

Di fatto, i bambini affetti da disabilità cognitiva, afferenti ai vari centri ospedalieri della penisola, ricevono già un elevato numero di cure ma in proporzione al loro livello di stress cospicuo, e correlato alla loro disabilità, queste attenzioni non sono ancora sufficienti.

 

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