Il loro asse di mazze era il dirigente del comune di Linguaglossa Francesco Barone. Lo usavano all’occorrenza. La testa pensante, invece, era costituita dall’imprenditore Francesco Augusto Russo Morosoli, il cugino Salvatore Di Franco e l’ingegnere Simone Agatino Lo Grasso. Loro tre agivano in sinergia anche in ragione della comunità di attività d’impresa.

Un puzzle che è stato ricostruito dal giudice per le indagini preliminari Giuliana Sammartino che per i tre gli arresti domiciliari. Le motivazioni che stanno alla base del provvedimento sono legate al loro “inserimento in una fitta rete di relazioni all’interno delle amministrazioni locali” con la “spregiudicatezza dimostrata negli anni nel perpetrare e organizzare condotte criminose, consumate fino a data recente”.

Oltre al rischio reiterazione del reato il gip sottolinea anche il “pericolo di inquinamento delle prove” rilevando che gli indagati “risultavano a conoscenza da tempo delle indagini del presente procedimento grazie alle capillari infiltrazioni all’interno degli uffici giudiziari”.

Il gip definisce “allarmante un accesso abusivo al sistema informatico della Procura” di Catania per “captare aggiornamenti sul fascicolo e sugli indagati”. Un comportamento che per la Procura di Catania era inserito all’interno di un’associazione per delinquere per commettere reati contro la Pubblica amministrazione, ipotesi che il gip ha rigettato in sede di esigenze cautelari.

Secondo i Pm, Russo Morosoli quale rappresentante “della Star srl e della Funivia dell’Etna e di Ultima Tv srl” ne “era il promotore” e usava i suoi “mezzi finanziari e le relazioni consolidate con soggetti pubblici” per “mantenere e consolidare il monopolio delle sue aziende sul settore turistico sui versanti dell’Etna”.

Lo avrebbe fatto anche, sostiene la Procura, “mantenendo rapporti con esponenti del mondo politico e istituzionale e utilizzando l’emittente Ultima Tv per denigrare potenziali concorrenti”.

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