Ecco il mostro.

Alberto Italia

Per lui era un oggetto. Spazzatura. Da buttare. Alberto Italia, catanese 36enne, ha ucciso suo padre Gaetano, 81 anni, eppoi ha cercato di sbarazzarsene celandolo in un mobiletto. Dovrà rispondere di omicidio volontario con l’aggravante di aver agito contro il genitore per futili motivi e per occultamento di cadavere.

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La raccapricciante vicenda è successa ieri, quando un dirimpettaio del civico 15 di via Sardegna, nel quartiere San Leone, zona del Corso Indipendenza di Catania, ha visto quello scomodo vicino trascinare un mobile dal quale improvvisamente fuoriesce un braccio.

“Alberto, cosa c’hai lì? Cosa stai buttando? E’ un manichino? Dallo a me, così lo rivendo”, chiede incuriosito.
Il dirimpettaio è un rigattiere, con le sue Ape Piaggio si guadagna da vivere raccogliendo quel che per la gente è ormai roba da buttare e che, invece, potrebbe avere ancora un mercato. E’ il testimone chiave dell’orrore. Perché quello che ha visto è il braccio dell’anziano col volto massacrato da calci, pugni e un oggetto pesante, forse un martello, lo stesso poi usato per inchiodare le assi. “Poverino, era irriconoscibile – ci dice uno degli abitanti del quartiere che ha visto la salma quando è giunta la Scientifica della Questura di Catania – il volto era una poltiglia”.

E un altro: “Ho visto il figlio maggiore mentre trascinava a fatica un mobile. Era solo, non c’era il fratello con lui. Per un attimo ho pensato di dargli una mano, poi, visto di chi si trattava, mi sono fatto gli affari miei, non meritava il mio aiuto”.

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Il delitto non ha sorpreso gli abitanti del quartiere. Erano consapevoli dell’inferno in cui l’appartamento al primo piano di questo condominio era stato trasformato dall’arrestato, che aveva un divieto di avvicinamento alla famiglia emesso dal Gip su richiesta della Procura per maltrattamenti nei confronti del padre e della madre 80enne, malata di Alzheimer.

“Ogni sera sentivamo i figli, soprattutto quello maggiore, litigare violentemente coi genitori – ci raccontano dei vicini di casa – che venivano picchiati sistematicamente. Una marea di volte abbiamo visto arrivare la polizia per le denunce del padre, che non ne poteva più di essere aggredito insieme con la moglie, con quella povera madre malata di Alzheimer della quale non aveva pietà. In una occasione i carabinieri sono stati minacciati col dobermann dal figlio maggiore e non sono riusciti a entrare in casa”.

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“Come ci si può difendere da mostri del genere? – si chiedono in coro altri abitanti del quartiere – nonostante le denunce visto com’è finita? E se nella casa ci fosse stato un bambino o altra gente incapace di potere mettersi in salvo? Le leggi non ci proteggono, perché dopo che le forze dell’ordine intervengono, poi tutto resta come prima”.

Parlando con la gente del quartiere, anche con alcuni di quelli che hanno cercato di vendicare subito il povero anziano con un tentativo di linciaggio sedato dagli agenti della Squadra Mobile, emerge un odio viscerale per quel 36enne che picchiava i genitori ed è stato protagonista di “Episodi disgustosi”.

Eccone alcuni:”Una volta ha attaccato a una catena il dobermann e gli ha spento le sigarette addosso, totalmente ubriaco. O fatto di droga. Un’altra, completamente nudo, si è lanciato dalla finestra del primo piano con un ombrello… Eppoi, sempre col dobermann, dava fastidio alle donne del quartiere, aizzando il cane contro per farle spaventare. E’ stato più volte picchiato dagli uomini del quartiere per rimetterlo in riga, per fargliela smettere, ma non è servito. Tornava a casa e se la prendeva coi genitori”.

E anche sul movente, economico, non hanno mai avuto dubbi. Anzi, sono stati proprio i residenti a mettere gli inquirenti sulla strada giusta: “Non lavora – ci rivelano – e sfruttava le pensioni dei genitori. Secondo noi il piano consisteva nell’eliminare il padre per rubargli quella pensione che lui non voleva più farsi bruciare da quel parassita”.

Alberto Italia per ora si è avvalso della facoltà di non rispondere. La madre è stata ricoverata sola e sotto choc in ospedale. I cani (oltre al dobermann possedeva un San Bernardo) al canile comunale. Il padre non è più roba da gettare fra i rifiuti.

“Ora più riposare – commentano amareggiati dei vicini di casa – ha smesso di soffrire, poverino”.

 

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