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Non sono più poliziotti. Non sono più essere umani. Come se non fossero mai esistiti.

Ignorati da chi dovrebbe onorarli, piangerli, perché sono morti anche loro con la divisa, per la divisa. Ma la Festa della Polizia ha certificato altro. Ha confermato quel che abbiamo scritto di recente dopo il suicidio dell’assistente capo della Questura di Caltanissetta C.R.

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Chi si toglie la vita nelle forze dell’ordine non ha diritto al ricordo, nemmeno fugace, nemmeno lieve come una carezza. Sono cadaveri da nascondere, non poliziotti che sono rimasti soli e schiacciati dal peso del ruolo, della gerarchia, di consuetudini e regole non al passo con le esigenze attuali. E dire che il video istituzionale per celebrare il 167simo anniversario della nascita della Polizia di Stato comincia con il ricordo dei caduti in servizio.

Ma chi si suicida non è degno della stessa, ovvia, sacrosanta, attenzione, sensibilità.

Un vuoto umano che è lo specchio di quel che è oggi la vita dietro le pareti delle Questure, dei vari presidi. Che viene a galla anche per una sempre maggiore esasperazione di chi ancora c’è, di chi ancora crede nella divisa che indossa, ma non si riconosce in chi occupa i posti in prima fila nelle manifestazioni pubbliche, nelle celebrazioni senza cuore, senza misericordia, senza voglia di correre in soccorso e rimediare.

#oggiiononfesteggio e #bastasuicidiinpolizia sono gli hashtag utilizzati sul web da appartenenti alle forze dell’ordine per urlare la rabbia, l’amarezza, la disperazione.

“Noi non siamo un numero di fascicoli da fare, di pratiche da svolgere, di turni da effettuare – scrive un agente – Noi non siamo le percentuali che vi giocate per fare vedere quanto un governo è migliore di altri in tema di sicurezza. Tante famiglie distrutte. Figli orfani. Noi siamo persone, essere umani. Avete presente? Su questo dovete investire. Sulla salute di tutti noi. Altrimenti siete complici. Altrimenti questa si chiama istigazione al suicidio”.

La polizia, al contrario dei militari (ai quali appartengono anche carabinieri e finanzieri), può contare su una vera rappresentanza sindacale. Ma è dura anche per chi ha deciso di perorare le cause dei colleghi affrontare un taboo incrostato di omertà, di timore di esporsi, di catalizzare antipatie dei quadri dirigenziali, di mettere a rischio carriera, serenità nell’ambiente professionale.

Alcune sigle sindacali stanno provandoci. “Alla presenza del Signor Capo della Polizia di Stato, il Prefetto Dr. Franco Gabrielli – fa sapere il Silp Cgil nazionale –  il primo di un folto programma di incontri del Tavolo per la prevenzione e la gestione delle cause di disagio per il personale della Polizia di Stato. Abbiamo sottolineato la necessità di creare un terreno fertile per ambienti lavorativi salubri anche da un punto di vista emotivo-psicologico e gestione dell’emergenza post trauma per una più efficace analisi del fabbisogno e una più ficcante individuazione di risposta”.

“Ci siamo mostrati scettici – rivela Sindacato Italiano Lavoratori Polizia di Stato – rispetto alla possibilità di individuare negli psicologi afferenti a questa Amministrazione la risposta di supporto personale dell’operatore, consapevole del proprio disagio e del proprio bisogno di aiuto psicologico, ritenendo primo elemento di efficacia di qualsiasi relazione d’aiuto il rapporto di fiducia e assolutamente personale che si dovrebbe instaurare tra terapeuta e persona richiedente. Abbiamo proposto una riforma parziale dell’articolo 48 DPR 782/1985 ritenendolo inefficace rispetto alla presa in carico del disagio del lavoratore di polizia da parte dell’Amministrazione, pur riconoscendo gli obblighi di legge rispetto alla eventuale incompatibilità al possesso di armi rispetto a determinate patologie o stati emotivi ad alto rischio. Ciò che è in interesse è preservare il dipendente dallo stigma pregiudizievole che sempre questo strumento reca in sé. Abbiamo chiesto di valutare l’utilizzo della enorme risorsa del Centro di Psicologia della Polizia di Stato ai fini formativi, rispetto allo sviluppo di moduli di gestione delle relazione, efficace ed assertiva, e allo sviluppo di skills afferenti il riconoscimento del disagio personale e di chi lavora al nostro fianco quotidianamente”.

“A tal fine – aggiunge il Silp – abbiamo chiesto anche il potenziamento della risorsa delle figure dei Pari (il Pari è un poliziotto formato per dare supporto emozionale ai colleghi che hanno vissuto uno o più eventi critici di servizio. Interviene all’interno di team di supporto psico-sociale composto anche da specialisti medici e psicologi, ndr), anche in funzione della possibilità di poter creare gruppi di auto aiuto sia preventivi che più propriamente di gestione dell’emergenza in situazioni post traumatiche“.

“Pur mantenendo il focus su di una impostazione intersezionale e di obiettivo comune e condiviso – sottolineano i rappresentanti sindacali –  abbiamo ritenuto importante sottolineare le responsabilità della dirigenza deputata al buon governo del personale in merito alla necessità del rispetto delle norme contrattuali in tema di orario di servizio, in maniera preponderante, ai fini della tutela del benessere psicofisico dei dipendenti. Così come abbiamo chiesto un impegno fattivo in merito alla rimozione di tutte quelle concause che creano rapporti a carattere competitivo all’interno degli uffici, ingerendo in maniera conflittuale nella relazione dei diversi componenti dell’ufficio o della squadra, a seconda del servizio espletato. Abbiamo lamentato l’assenza quasi totale di aree benessere salubri ed accoglienti nelle quali poter creare relazioni decompressive e di complicità. La programmazione di lavoro prevede incontri bisettimanali nei quali continueremo a portare progettualità di interesse e di tutela, certi di poter contribuire ad una piattaforma di rielaborazione in merito ad ambiti lavorativi costruiti sul benessere e sull’ascolto attivo quale strumento di gestione di relazioni efficaci e soddisfacenti”.

Anche la Federazione Coisp, nel suo intervento, ha puntualizzato la fondamentale importanza della “predisposizione su tutto il territorio nazionale di punti di ascolto, con la presenza di psicologi, per il personale che desideri o abbia necessità di farne uso, fino a una nuova disciplina dell’applicazione di alcuni istituti che ad oggi, per timore di provvedimenti medico legali particolarmente invasivi come l’applicazione dell’art.48 del regolamento di servizio (istituto che andrebbe profondamente modificato prevedendo percorsi di recupero e sostegno del personale), si sono sempre frapposti all’eventuale necessità del personale di rivolgersi agli Uffici Sanitari Provinciali“. Il Coordinamento per l’Indipendenza Sindacale delle Forze di Polizia ha poi chiesto di valutare favorevolmente “la revisione del regolamento di disciplina che deve essere necessariamente attualizzato assicurando il diritto alla difesa e l’irrogazione di sanzioni che non siano oltremodo afflittive, la revisione delle modalità di rilevazione dello stress lavoro correlato, una maggiore e adeguata predisposizione all’ascolto e vicinanza da parte di chi ha la responsabilità di gestire e dirigere il personale a tutti i livelli“.

Un incontro importante, importantissimo, che, però, non è al centro del dibattito politico nonostante si tratti di una tragedia senza fine che colpisce cittadini italiani, cittadini italiani ai quali è affidato il compito di tutelare la società della quale fanno parte, ma che li rigetta come roba senza valore quando il mantra dell’eroismo non può essere strumentalizzato, spettacolarizzato, quando la sofferenza imporrebbe lo Stato come famiglia e non come maschera apatica, crudele.

2 Commenti

  1. Buongiorno sono sicuro che questi tragici eventi non passino inosservati, non a caso oltre all’impegno dei Sindacati, il Capo della Polizia, Prefetto Franco Gabrielli, ha dimostrato grande preoccupazione e attenzione al fenomeno. Nel suo discorso, in occasione del 167simo anniversario della nascita della Polizia di Stato, davanti alle massime Autorità Istituzionali ha voluto espressamente ricordarli. Il Link al video del discorso testimonia le sue parole: https://www.youtube.com/watch?v=ByhnKrk-BrU&feature=youtu.be

    • Buongiorno. Ho ascoltato attentamente. A lei sembra un ricordare? Ritiene adeguato affrontare una tragedia così grande con un avversativo, con “ma anche di coloro che, malati di vivere, hanno inteso togliersi la vita”? Io ritengo che, invece, confermi, anzi certifichi, quel che è stato messo in rilievo nel pezzo. Ovviamente, rispetto la sua opinione. Grazie per l’attenzione

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