Sono passati 4 anni da quando, nel dicembre del 2015, il tassista Domenico Sequino fu ucciso davanti al sagrato della chiesa madre di Gela. 4 anni dopo i carabinieri hanno arrestato 3 persone ritenute vicine al clan mafioso degli Emmanuello. A Gela, Palermo e Prato, dunque, sono state notificate le ordinanze di custodia cautelare a Nicola Liardo, gelese di 45 anni, al figlio Giuseppe, gelese di 22 anni, (entrambi già in carcere) e a Salvatore Raniolo, 29 anni, gelese, genero di Liardo. La vittima era ritenuta collegata al clan mafioso dei Rinzivillo ed era finita in carcere nel 2006 per associazione mafiosa, nell’ambito dell’operazione denominata “Tagli pregiati”.

Al delitto, di cui Liardo sarebbero i mandanti , avrebbe partecipato una quarta persona non ancora identificata. Determinanti per l’inchiesta le intercettazioni nei confronti del gruppo riconducibile a Liardo, che traffica in stupefacenti, nell’ambito dell’operazione denominata “Donne d’onore”. Secondo l’indagine Nicola Liardo, all’epoca dell’omicidio detenuto, era alla ricerca di denaro necessario a far fronte alle esigenze di vita della propria famiglia e ad avviare il traffico di droga che stava organizzando insieme al figlio Giuseppe, al genero, alla moglie e alla figlia, attraverso l’acquisto di stupefacente da fornitori catanesi.

L’uomo voleva rientrare in possesso del denaro che qualche tempo prima avevano consegnato a Sequino affinché lo riciclasse con operazioni bancarie e iniziative imprenditoriali portate avanti in Lombardia da membri della famiglia mafiosa Rinzivillo. Inoltre le indagini hanno accertato che Sequino si era intromesso negli affari dei Liardo prendendo le difese, nel corso di una discussione con Giuseppe, di un imprenditore gelese, vittima di estorsione. Le indagini, dicono gli inquirenti, hanno accertato che il capofamiglia, mentre era detenuto, ha ideato l’omicidio insieme al figlio Giuseppe, nel corso dei colloqui in carcere.

“Sequino era già stato condannato per estorsione aggravata e aveva rapporti con il Clan Rinzivillo. L’ipotesi è che Sequino sia stato ucciso poiché aveva avuto in prestito da Liardo 60 mila euro mai restituiti. L’altra ipotesi è che Domenico Sequino si fosse frapposto in un caso di estorsione”. Lo ha detto in conferenza stampa il comandante provinciale dei carabinieri a Caltanissetta, col. Baldassare Daidone, spiegando i retroscena dell’omicidio.

“Fu deciso che l’omicidio doveva essere fatto dalla famiglia e in maniera plateale, nella piazza piena di addobbi natalizi, dove tutti vedevano – ha aggiunto – Una dimostrazione del senso di forza che questo clan aveva a Gela. C’è un commento interessante in cui Liardo redarguisce il figlio dicendo che queste cose non si fanno mai alle spalle ma in faccia”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here