Si poteva andare a mare

Si poteva andare a mare
oggi che il cielo sembra
forte e libero l’azzurro
e la luce s’impinge pure nelle unghie
e le nuvole covano inverni sugli alberi
e il vento s’intestarda a stare fermo
e ottobre è il più furbo dei mesi
perché bara anche senza carte
e muto muto fa quello che vuole
e abbindola queste macchie di fico
che cotonano i muretti a secco
gravide ancora di frutti pizzuluti.

E invece loro se ne sono andati
l’uno da una parte e lei dall’altra
a farsi quei saluti sospesi di tutto:
di occhi che vanno da ogni lato
(la geometria spigolosa degli addii)
di gole che inghiottono parole
ma anche silenzio e saliva a fiumi
ma non i nomi, i nomi non si toccano
quelli se li tengono chiusi in tasca
perché poi serviranno a chiamarsi
da lontano, quando non si vedranno
manco di schiena e manco per strada
quando diventeranno solo parentesi
e ognuno se le aprirà quando vuole
e ci metterà dentro quello che viene
tutta la risulta della vita insomma
quella che avanza dopo avere pensato
l’uno all’altra e viceversa ma anche
al contrario e forse allo stesso tempo
e “ridurre il volume dei rifiuti prima di conferirli”
c’è scritto sul bidone
e a loro verrebbe di farlo con la vita
prima di stiparci dentro tutta quell’assenza
che sta per arrivare, mentre loro se ne vanno.

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