Belmonte Mezzagno, teatro di violenza. Tra gennaio e maggio del 2019, nel paese in provincia di Palermo sono stati commessi due omicidi: Vincenzo Greco e il commercialista Antonio Di Liberto le vittime. E un agguato, lo scorso 2 dicembre in via Kennedy, non riuscito. A scampare a nove colpi di pistola sparati contro la sua auto, da due persone a bordo di uno scooter,  è stato l’imprenditore edile Giuseppe Benigno, così come testimoniano le immagini dei sistemi di videosorveglianza del paese.

A chiarire le dinamiche del tentato omicidio anche delle intercettazioni che registrano una chiamata dell’uomo subito dopo l’accaduto a una donna: “Mi hanno sparato e sono nella macchina. Sto andando all’ospedale Civico. Va bene”. “Ma cosa dici, dove?”, replica una donna. “Ti giuro, ora, al paese”, afferma Benigno. “A te? Bedda matri, Giuseppe”, dice spaventata la donna.

Nell’ambito dell’operazione contro il clan mafioso di Belmonte Mezzagno, i carabinieri, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito due arresti e due fermi.

In carcere è finito Salvatore Tumminia, da poco tornato in libertà dopo essere stato condannato per associazione mafiosa nel 2008, in quanto ritenuto il nuovo capo mandamento. Tumminia accusato di estorsione, avrebbe cercato di infiltrarsi nelle istituzioni della città. Il boss avrebbe preso il posto di Salvatore Sciarabba e Filippo Bisconti, quest’ultimo adesso collaboratore di giustizia, ed entrambi arrestati nel dicembre 2018.

In manette sono finiti anche Stefano Casella di 41 anni, Antonio Tumminia di 50 e lo stesso Giuseppe Benigno che dopo l’agguato è stato arrestato in provincia di Mantova dove si rifugiava, con l’accusa di appartenere alla famiglia mafiosa facente capo a Salvatore Tumminia. Secondo l’accusa Benigno agevolava le estorsioni, aiutava gli affiliati nel controllo del territorio, mediava i contatti e gli incontri con gli appartenenti alle varie famiglie mafiose e provvedeva alla risoluzione delle problematiche interne all’associazione.

 

 

 

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