I carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Trapani, coordinati dalla Dda di Palermo, hanno eseguito 4 misure cautelari e una interdizione in esecuzione di un’ordinanza cautelare del Gip nei confronti di affiliati alle famiglie mafiosa di Castellamare del Golfo e Paceco. Tra gli arrestati il reggente Mariano Asaro, soprannominato “il dentista” e già condannato per associazione mafiosa, e Carmelo Salerno, considerato il capomafia di Paceco, già detenuto per l’operazione Scrigno del marzo del 2019 eseguita da militari dell’Arma. Perquisiti anche l’abitazione e l’ufficio del sindaco di Paceco, Giuseppe Scarcella, destinatario di invito a rendere interrogatorio innanzi all’Autorità Giudiziaria ed informazione di garanzia per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Secondo l’accusa, ricostruisce il Gip nell’ordinanza, “il sindaco di Paceco, Giuseppe Scarcella, lo avrebbe ricevuto il 28 febbraio del 2019 per fornirgli rassicurazioni circa il rilascio di un certificato di agibilità o abitabilità nei confronti del suocero Vito Occhipinti”. Seguiva un altro incontro, l’8 aprile 2019, in cui “il sindaco in segno di rispetto significativamente lo chiamava ‘Don Mariano…’ e dopo averlo rassicurato su quella pratica veniva informato della prossima apertura da parte dell’indagato di uno studio medico”.

Secondo l’accusa, Asaro, con l’ausilio di Salerno e di altri indagati, avrebbe creato una società intestata a prestanomi per la gestione di un ambulatorio odontoiatrico a Paceco. Secondo i carabinieri, grazie all’intervento dell’ex deputato regionale Paolo Ruggirello, raggiunto da informazione di garanzia, lo studio doveva essere convenzionato con la mutua.

Le indagini, coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dal sostituto Gianluca De Leo, hanno permesso di dimostrare il perdurare dell’appartenenza di Asaro all’associazione mafiosa.

Era tornato in libertà dopo una lunga detenzione nel giugno del 2018, ma indagini dei carabinieri permettevano di monitorare i rapporti che lo stesso continuava ad intrattenere con diversi esponenti mafiosi, tra i quali Rocco Coppola e Carmelo Salerno. In molti degli incontri riservati, Asaro esternava il suo astio nei confronti del vertice della famiglia mafiosa di Castellamare del Golfo, Francesco Domingo, e dei collaboratori di giustizia, e in particolare nei confronti di quelli che lo avevano accusato dell’omicidio del pubblico ministero di Trapani, Giangiacomo Ciaccio Montalto, fatta eccezione per il pentito Francesco Giuseppe Milazzo che lo aveva ‘salvato’ dichiarando la sua estraneità a quell’omicidio.

Dopo la sua scarcerazione Asaro, lo accusa la Dda, ha costituito una società, da intestare fittiziamente alla cognata Maria Vincenza Occhipinti sottoposta a obbligo di dimora, per la gestione di un ambulatorio di odontoiatria da aprire a Paceco. In questo progetto Asaro era coadiuvato da un’altra indagata, Maria Amato, sottoposta anche lei all’obbligo di dimora, moglie di Rocco Antonino Coppola, già condannato in via definitiva per associazione mafiosa, per aver predisposto il necessario per l’organizzazione di incontri con vari latitanti tra cui Matteo Messina denaro e Vincenzo Sinacori.

Amato, in qualità di collaboratrice di uno studio notarile, predisponeva la documentazione e gli atti per la costituzione della società di capitali voluta da Asaro, mentre Coppola, presentava al boss un medico compiacente, Vito Lucido, interdetto dall’attività per un anno. Asaro poteva contare, ritiene la Dda, sul capomafia di Paceco, Carmelo Salerno e sull’ex deputato Ruggirello. Quest’ultimo veniva incaricato di attivarsi con i vertici dell’Asp affinché l’ambulatorio di odontoiatria fosse convenzionato con il servizio sanitario.

Secondo l’accusa Occhipinti, incensurata, diede la propria disponibilità ad intestarsi fittiziamente la società, il dottore Lucido accettò di comparire come direttore sanitario per l’ottenimento delle autorizzazioni sanitarie ed la convenzione con la mutua. Ruggirello avrebbe attivato l’iter burocratico all’ Asp per ottenere le autorizzazioni necessarie e l’essenziale convenzione con la mutua, cosa che l’ex deputato regionale fece prospettando in un primo tempo che l’interessato allo studio era un suo “cugino”.

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