Quelle dette dal giudice Rosario Livatino ai suoi assassini – “Picciotti, che cosa vi ho fatto?” – scrive papa Francesco, erano “parole che gridavano contro gli Erodi del nostro tempo, quelli che, non guardando in faccia all’innocenza, arruolano perfino gli adolescenti per farli diventare killer spietati in missioni di morte. Grido di dolore e al tempo stesso di verità, che con la sua forza annienta gli eserciti mafiosi, svelando delle mafie in ogni forma l’intrinseca negazione del Vangelo, a dispetto della secolare ostentazione di santini, di statue sacre costrette ad inchini irriguardosi, di religiosità sbandierata quanto negata”. Sono queste le parole di Papa Francesco che ha firmato la prefazione al libro “Rosario Angelo Livatino. Dal ‘martirio a secco’ al martirio di sangue”, a cura di mons. Vincenzo Bertolone sul “giudice ragazzino” vittima della mafia che il 9 maggio sarà proclamato beato ad Agrigento.
“Rosario Angelo Livatino giudice di Canicattì venuto in odio, per la sua coerenza cristiana e professionale, agli uomini delle mafie che dominavano nel territorio siciliano negli anni Ottanta del secolo scorso, fu eliminato tragicamente da giovani sicari al soldo dei capi delle Stidde e di Cosa nostra”, Secondo il Papa, “compiendo quotidianamente un atto di affidamento totale e generoso a Dio, egli è un luminoso punto di riferimento per gli uomini e le donne di oggi e di domani, soprattutto per i giovani che, tuttora, vengono irretiti dalle sirene mafiose per una vita di violenza, di corruzione, di sopraffazione e di morte. e continua il pontefice- A Rosario Angelo Livatino, “oggi anche attraverso la sua beatificazione, rendiamo grazie per l’esempio che ci lascia, per aver combattuto ogni giorno la buona battaglia della fede con umiltà, mitezza e misericordia. Sempre e soltanto nel nome di Cristo, senza mai abbandonare la fede e la giustizia, neppure nell’imminenza del rischio di morte. È questo il seme piantato, è questo il frutto che verrà”.

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