E’ un primo maggio amaro. “Per il secondo anno consecutivo, il mondo del lavoro che fa capo ai pubblici esercizi non festeggerà il Primo maggio – sottolinea l’associazione di settore Fipe-Confcommercio – Sono 500mila i lavoratori di bar, ristoranti, catering, banqueting e discoteche che nella giornata di oggi non entreranno in servizio nei rispettivi locali. E non certo perché renderanno omaggio alla Festa internazionale dei Lavoratori, ma semplicemente perché un posto di lavoro non lo hanno più. O comunque non sono autorizzati ad occuparlo. Insomma, è vietato lavorare”.

“Stiamo parlando di più di metà della forza lavoro impiegata all’interno dei pubblici esercizi prima della pandemia da Covid 19 – si spiega – Ai 243mila posti di lavoro perduti nel corso del 2020 a causa dei lockdown e delle misure di contenimento della pandemia, infatti, bisogna aggiungere almeno 16mila lavoratori delle imprese della Sardegna che per tutto il fine settimana sarà ancora in zona rossa e 60mila impiegati nei pubblici esercizi delle regioni arancioni. Per tutti questi le misure restrittive costringeranno le imprese a rinunciare alla loro prestazione professionale. Va meglio, ma non troppo, nelle regioni gialle. Il 46% dei locali, infatti, è sprovvisto di spazi all’aperto e dunque almeno 190 mila lavoratori degli oltre 500 mila non verranno chiamati in servizio”.

“Siamo davanti a uno scenario desolante”, commenta il vicepresidente Aldo Cursano: “Il nostro settore ha perso per strada professionalità importantissime e, cosa ancor più drammatica, ha smesso di investire sul futuro. Che non si possa vivere di soli ristori, per loro natura insufficienti, è ormai evidente a tutti”.

Uno scenario rappresentato al meglio da “I fantasmi del passato”, che alla vigilia della festa dei lavoratori hanno organizzato a Catania un presidio sotto la sede dell’INPS, in viale Libertà. I rappresentanti di partite iva, ristoratori, imprenditori, lavoratori dello spettacolo e del turismo hanno indossato tute bianche e maschere, anche imbrattate di sangue. Una simbologia forte per protestare contro divieti, chiusure, coprifuoco, limitazioni delle libertà personali e del lavoro.

“Il primo maggio dovrebbe essere una giornata di festa per tutte le categorie produttive del nostro paese – affermano – Adesso è diventato un giorno lugubre. Ci stanno conducendo verso un assistenzialismo che non vogliamo! Vogliamo ritornare alla vita, e il lavoro è parte di essa.
Perché di questo si parla. Si parla del nostro sangue, dei nostri sogni di cittadine e cittadini liberi.
Cassa integrazione inesistente, ristori, sostegni. Tutte promesse. E nel frattempo affitti, bollette, tasse da pagare. Questo primo Maggio non c’è davvero nulla da festeggiare.
Il nostro silenzio continuerà a fare rumore”.

 

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