‘Bokuk’: parola bulgara che indica la spazzatura e questo il termine che usava un’organizzazione criminale per chiamare le sue vittime, donne sottoposte al loro “dominio”.

Giovani reclutate dalla Bulgaria e obbligate a prostituirsi in strada.

Ragazze tenute in schiavitù e pagate poco più di seimila euro ciascuna.

Sgominata dalla squadra mobile di Catania l’organizzazione, arrestate otto persone e notificato un obbligo di soggiorno. Un decimo indagato è al momento irreperibile.

Quattro bulgari sono stati condotti in carcere e quattro italiani agli arresti domiciliari. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono tratta di persone, riduzione in schiavitù, associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, aggravati dalla transnazionalità.

Le indagini sono partite nel giugno del 2020 dopo la denuncia di due bulgare nei confronti di una straniera che pretendeva pagassero a lei il cosiddetto ‘joint’, lo spazio che occupavano in strada, vicino alla stazione ferroviaria di Catania, dove erano solite prostituirsi.

Le vittime, dopo il ‘reclutamento’, erano alloggiate in abitazioni fatiscenti nel quartiere San Cocimo in pessime condizioni igieniche, private di ogni libertà e dei documenti di identità e sfamate con lo stretto necessario per farle sopravvivere.

Le donne, sottoposte a percosse e soprusi, garantivano al gruppo criminale un introito costante di circa 1.400 euro a settimana ciascuna, costrette a prostituirsi ogni giorno dalle 19 alle 4:30, anche durante le restrizioni imposte dalla pandemia.

Tra di loro c’era anche una ragazza particolarmente vulnerabile, perché affetta da un grave handicap. “La giovane donna” – spiega la Dda – “era maltrattata dall’intero gruppo sodalizio, che, approfittando dell’estrema sua vulnerabilità la costringeva non solo a prostituirsi, ma anche a svolgere mansioni domestiche, cucinare, svegliandola in alcuni casi in piena notte e vessandola con violenze fisiche e verbali indescrivibili”.

L’organizzazione criminale, capeggiata dalla coppia Emil Milanov e Milena Milanova, seguiva un preciso organigramma con assegnazioni di ruoli e compiti, attraverso il contributo e la collaborazione operativa di italiani e bulgari, con mansioni di controllo e di accompagnamento delle vittime sul luogo in cui erano costrette a prostituirsi.

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