“Non posso crederci, il supermercato è chiuso”. La ragazza osserva le saracinesche abbassate con un’espressione delusa e incredula allo stesso tempo. Più incredula, che delusa. Quell’incredulità venata di amarezza riflessa sugli altri avventori del Centro Sicilia di Catania che si trovano passare dalla zona dell’Iper Spaccio Alimentare, quello che firma la facciata principale del cuore del parco commerciale.


Perché l’insegna vivace, luminosa, all’esterno sa di beffa. Quelle all’interno sono spente. I carrelli della spesa sono abbandonati all’esterno. Vuoti, drammaticamente vuoti, simbolicamente e drammaticamente vuoti, probabilmente lasciati lì proprio per l’effetto che fanno.

E’ sabato pomeriggio, uno dei due giorni del weekend in cui i centri commerciali hanno il maggiore afflusso di gente, uno dei due giorni in cui per molti andare per negozi è sinonimo di pausa, di relax, e quella inattesa, cupa serie di grigie saracinesche abbassate turba.

Turba gli impiegati dei negozi che si trovano dirimpetto, come se di fronte si dibattesse un malato che si spera non sia contagioso. Turba i clienti inconsapevoli della sofferenza dei 180 dipendenti che temono di perdere il posto di lavoro e che già la scorsa settimana hanno deciso di scioperare due giorni di seguito per stimolare la proprietà a pagare loro quel che spetta, a fornire garanzie per un futuro che già in altri punti vendita di Catania e della Sicilia Orientale è stato compromesso.

Clienti che, fra lo stridente affiorare di richiami ai prossimi festeggiamenti natalizi, fra addobbi e inviti a pensare in tempo ai regali, non riescono a celare l’espressione di chi ha paura di quei ceffoni che improvvisamente ti destano e ti fanno capire che no, non va bene, così non va proprio bene, se falliscono ancora i supermercati, se ancora il lavoro è una roulette russa, no, non va proprio bene ed è dannatamente triste vedere quelle insegne spente, quegli scaffali privi di vita, sentire quel silenzio. Silenzio totale. Dei lavoratori che non ci sono perché altra forma di lotta non hanno. Delle Istituzioni di una città che, ci riferiamo al Comune di Catania, lo stipendio rischia di non poterlo garantire già ai suoi dipendenti pubblici, così come non nasconde il sindaco Salvo Pogliese che ha lanciato l’allarme. Dell’imprenditoria che, chi per incompetenza, chi perché competente ma avvilito dalla burocrazie e dal costante rischio di attirare appetiti mafiosi, risposte non sa o può darne.

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