Un sorvegliante della Nettezza Urbana si accascia a terra. Un malore. E’ necessario l’intervento dell’ambulanza e la corsa al Pronto Soccorso. In piazza Duomo la tensione è alta, altissima. Le porte del Municipio serrate. Uffici svuotati. Il Comune di Catania è come un maniero abbandonato. Di quelli abitati dagli spettri. Gli spettri dell’incertezza, dell’angoscia, della paura. E della rabbia.

La cronaca di qualcosa mai accaduta prima nel capoluogo etneo.

In centinaia hanno partecipato all’assemblea organizzata dalle principali sigle sindacali, dopo avere incontrato il sindaco Salvo Pogliese e il presidente del Consiglio comunale Giuseppe Castiglione, per affrontare “con estrema urgenza la grave situazione” provocato dalla proclamazione dello stato di dissesto.

La folla ha invaso il chiostro di Cortile Platamone, a pochi passi da quel Municipio assediato. Il malessere è provocato dal blocco degli stipendi (sono già due) e, soprattutto, dalla consapevolezza che il dissesto poteva essere evitato: sarebbe bastato amministrare, anziché impoverire le casse comunali.

Ed anche perché pecche organizzative hanno esasperato gli animi: “Siamo venuti per ascoltare cosa avevano da dirci i rappresentanti sindacali – ci raccontano alcuni dipendenti – ma non abbiamo potuto ascoltare una parola. Forse non si aspettavano così tanta partecipazione e soltanto chi si è ritrovato a poco distante da chi parlava, c’ha capito qualcosa”.

Non soltanto le pecche. Dalla folla si sono levate urla anche contro i sindacati, accusati di non avere saputo vigilare, di non avere saputo tutelare le migliaia di famiglie che adesso vivono sospese.

Ecco perché la manifestazione autorizzata è sfociata in una non autorizzat. Un gruppo ha raggiunto la piazza sulla quale si affacciano Palazzo degli Elefanti e Palazzo dei Chierici, il cuore pulsante dell’amministrazione etnea, il cuore che fatica a battere. “Siamo preoccupati, arrabbiati, confusi – ci dicono alcuni dipendenti – e sappiamo pure che non potremmo essere qui a manifestare davanti alla sede del Comune, ma diteci voi come si fa a resistere.

E’ qui che devono essere risolti i problemi, è da qui che devono giungere le garanzie per il nostro presente ed il nostro futuro. E’ assurdo quel che sta avvenendo e abbiamo come l’impressione che ancora non sia stata compresa la gravità”.

Confusione. Si fa la spola fra Palazzo Platamone e piazza Duomo. Si vorrebbe urlare, invadere quel Comune improvvisamente tenebroso, chiedere conto e ragione, avere sottoscritto tutto e subito, sapere quando finalmente giungerà lo stipendio di ottobre, ma si teme pure la beffa di sanzioni. E allora si abbandona il presidio davanti all’ingresso del Comune.

La massa si parcellizza. Un gruppo ottiene di parlare col vicesindaco Bonaccorsi. Altri preferiscono un confronto a quattrocchi coi rappresentanti sindacali. Clima da ferri corti, da resa dei conti se presto e bene non giungeranno segnali rassicuranti.

Alle 14 ufficialmente termina l’assemblea. Ma è soltanto un dato, fredda burocrazia.

La realtà è che il tempo, dove tutto sembrava certo e inossidabile, il tempo improvvisamente è liquido, oleoso. Ci si muove come in incubo. E non si sa quando sarà il risveglio.

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