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Si era convertito in carcere nel 2011, a Caltagirone, mentre stava scontando una condanna a cinque anni di reclusione per violenza sessuale, il catanese Giuseppe D’Ignoti, 32 anni, arrestato dalla polizia per apologia del terrorismo. Diceva di essere marocchino e di chiamarsi Yussuf. Aveva iniziato una capillare campagna sui social media sollecitando una guerra santa in Italia. Per questo inviava inni in favore dell’Isis ed incitava a prendere un fucile o un coltello ed andare ad ammazzare qualcuno ovvero a “fare pulizia a Milano, in Calabria…”, manifestando odio verso qualsiasi cosa rappresentasse l’Occidente. Aveva anche ridotto in schiavitù la compagna che costringeva a portare il velo e a vedere immagini e video di crudeli esecuzioni di “infedeli”.

Giuseppe D’Ignoti

Nei suoi confronti è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del capoluogo etneo.

L’operazione è la conclusione di una complessa indagine della sezione Antiterrorismo della Digos di Catania, coordinata dalla Direzione centrale polizia di prevenzione, e con il contributo della Polizia postale del dipartimento Sicilia Orientale. Titolare dell’inchiesta è la Procura distrettuale del capoluogo etneo che ha chiesto ed ottenuto l’emissione dell’ordinanza cautelare in carcere.

Le indagini hanno preso avvio dalla segnalazione della figlia della sua convivente che era rimasta in Lombardia dopo che la madre era venuta a stare con D’Ignoti a Catania nel 2017 dopo averlo conosciuto su Facebook. Durante colloqui tra D’Ignoti e la figlia della convivente, dopo che l’uomo le aveva rivolto minacce come appartenente all’Isis, quest’ultima, preoccupata, per la madre si è rivolta alla polizia in Lombardia.

Ricostruiti episodi avvenuti tra il 2016 ed il 2017. L’attività si è avvalsa di intercettazioni telefoniche, di tradizionali servizi di osservazione e pedinamento e di numerose testimonianze. D’Ignoti era già in carcere dall’ottobre 2017, dopo essere stato arrestato dalla Digos per reati commessi nei confronti dell’ex convivente di nazionalità ucraina.

Da perizie della polizia postale di Catania è emerso che D’Ignoti dal 2016, su Whatsapp aveva iniziato a svolgere un’intensissima attività di proselitismo in vari gruppi, nei quali si celava sempre sotto lo pseudonimo di Ahmed, fingendosi di nazionalità egiziana e inviando video ed immagini ritraenti gesta delle milizie dell’Isis, scene cruente di uccisioni e decapitazioni. Inoltre, dopo aver incitato alla Jihad ed invitato ad uccidere gli infedeli ed a conquistare l’Occidente, pur suscitando la disapprovazione da parte di molti altri partecipanti, affermava che “quelli che la pensavano come lui erano presenti in modo capillare sul suolo italiano e pronti ad agire”.

Molti file erano stati cancellati da D’Ignoti dal proprio telefonino, ma sono stati recuperati dalla Polizia Postale di Catania. Tra questi quello di Giulia Sergio, detta Fatima, ovvero la prima ragazza italiana che ha aderito alla Jihad trasferendosi nel 2015 in Siria e che è stata condannata per terrorismo, nonché un video di fustigazione delle donne sotto le leggi della Sharia.

Durante le indagini la Polizia di Stato ha accertato che D’Ignoti frequentava a Catania un giovane svizzero già radicalizzato che era segnalato nella banca dati Schengen per attività correlate al terrorismo. Secondo quanto accertato l’uomo, dopo che la convivete l’aveva lasciato, avrebbe adottato un comportamento distaccato verso l’altro sesso e si sarebbe indirizzato verso l’ideologia islamica, affermando in una intercettazione “io mi conosco bene. E’ tutto già scritto. Ciò che capita non è un caso”, manifestando inoltre ad un cittadino egiziano l’intenzione di trasferirsi nel Sinai, al confine con la Siria per andarsi ad “addestrare, sparare, ammazzare”.

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