3  settembre 1982  Ore  21.15, via Isidoro Carini, una motocicletta, guidata da un killer che aveva alle sue spalle il mafioso Pino Greco, affianca l’Alfetta di Russo e Greco lo uccide con un fucile AK-47.

Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa stava uscendo dalla prefettura a bordo di una Autobianchi A112 beige, guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro, per andare a cenare in un ristorante di Mondello. La A112 era scortata da un’ Alfetta guidata dall’agente di scorta Domenico Russo.

Una BMW 518, guidata da Antonino Madonia e Calogero Ganci, raggiunge la A112 e i killer aprono il fuoco contro il parabrezza con la micidiale arma da guerra: trenta pallottole massacrano Dalla Chiesa e la moglie. L’agente Domenico Russo morirà dodici giorni dopo, il 15 settembre.

“Oggi 37 anni dopo l’agguato mafioso il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa vive nelle nostre azioni presenti, passate e future” questo è il messaggio firmato da Ultimo, il capitano della squadra dei carabinieri che arrestò il capo dei capi di Cosa nostra, Totò Riina. Il testo scritto in un foglio bianco, con la scritta in calce Ultimo-Crimor unità militare combattente, è stato affisso stamane tra le 8 corone di alloro istituzionali, in via Isidoro Carini a Palermo, dove si è svolta la cerimonia per i 37 anni dell’assassinio mafioso del prefetto generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente della polizia di Stato Domenico Russo, ma poi è stato rimosso.

“Il Generale Grande servitore dello Stato, prefetto e carabiniere, è sempre stato fedele ai valori di legalità, giustizia e democrazia. Il ricordo, ancora vivo, della sua azione coraggiosa, il suo esempio e l’eredità morale lasciata, sono un patrimonio prezioso per tutti”, scrive il sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo. “In questa giornata di memoria, il mio abbraccio commosso e affettuoso giunga alle famiglie Dalla Chiesa, Setti Carraro e Russo”, conclude.

“Innovatore attento e lungimirante – anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha lasciato il suo commosso ricordo – il Generale Dalla Chiesa era mosso da una profonda fiducia nello Stato e nella sua capacità di sconfiggere le organizzazioni nemiche della sicurezza e della legalità repubblicana, anche quelle più subdole e pervasive. Il loro esempio di coraggio e generosa dedizione è comune a tanti uomini e donne che anche oggi, per motivi familiari o professionali, coscientemente condividono i rischi e le preoccupazioni di chi è esposto a tutela della libertà, della legalità e della giustizia. Con questo spirito, rinnovo alle famiglie Dalla Chiesa, Setti Carraro e Russo i sentimenti di solidarietà e vicinanza miei e dell’intera comunità nazionale”.

“Credo che raramente come in quella occasione un uomo mandato a combattere la mafia sia stato lasciato dichiaratamente solo. Non è stata una cosa sfuggita né alla mafia né all’opinione pubblica. Fu quasi una dichiarazione di estraneità”, così il figlio Nando Dalla Chiesa, al termine della cerimonia, che ha aggiunto: “Gran parte della verità è stata accertata per fortuna siamo tra le poche vittime che hanno avuto la possibilità di avere in buona parte giustizia. La verità storica è stata accertata e quella giudiziaria in grandissima parte”.

“Sono passati 37 anni ma il dolore non passa mai. Sicuramente in questi anni è stato fatto moltissimo ma secondo me va fatto tutto giorno per giorno. Vanno bene le navi della legalità, le commemorazioni, vanno benissimo i ragazzi che arrivano da tutta Italia ma la cosa va vissuta nella quotidianità, ogni giorno ci dovrebbero essere delle cerimonie mentali nelle famiglie e nelle scuole”. Rincara la sorella di Nando, Rita Dalla Chiesa. Sulla decisione di vendere la sua casa di Mondello, località balneare di Palermo, la Dalla Chiesa si é limitata a dire: “Le polemiche? Le ha create chi ha la coda di paglia”.

Anche la maggiore dei tre figli di Dalla Chiesa, Simona, ha voluto dire la sua: “Che Palermo sia cambiata è sotto gli occhi di tutti, è una città più responsabile, che ha saputo risvegliarsi fin da allora e ha saputo trovare le strade per riscattarsi. Sicuramente c’è ancora tanto da fare non solo a Palermo ma in tutta Italia – ha aggiunto – abbiamo bisogno di uno scatto ulteriore della coscienza civile perché è una lotta lunga, un processo culturale oltre che investigativo. Solo in questo modo si riesce a fare fronte comune da cui possa nascere una nuova Italia e una Palermo ancora più forte”.

 

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