“Noi abbiamo a casa delle famiglie. Non siamo carne da macello nelle loro mani!!!”.

E’ stata una serata infuocata per i corsisti Tfa dell’Università di Catania, cioè di chi, dopo un’accurata selezione, è riuscito ad accedere al corso di specializzazione per il sostegno in tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Perché era stato comunicato loro che le lezioni non sarebbero state sospese e che, quindi, domani avrebbero dovuto presentarsi regolarmente. Il decreto ministeriale appena firmato dal Premier Conte, quindi, sarebbe stato disatteso dall’Ateneo etneo.

Anche se il decreto, e già è paradossale di suo, prevede che non si blocchi del tutto l’attività degli atenei, così come si legge: “d) limitatamente al periodo intercorrente dal giorno successivo a quello di efficacia del presente decreto e fino al 15 marzo 2020, sono sospesi i servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché la frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, comprese le Università e le Istituzioni di Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica, di corsi professionali, master e università per anziani, ferma in ogni caso la possibilità di svolgimento di attività formative a distanza; sono esclusi dalla sospensione i corsi post universitari connessi con l’esercizio di professioni sanitarie, ivi inclusi quelli per i medici in formazione specialistica, i corsi di formazione specifica in medicina generale, le attività dei tirocinanti delle professioni sanitarie, nonché le attività delle scuole di formazione attivate presso i ministeri dell’interno e della difesa;”.

Ma il corso di specializzazione per il sostegno rientrava nelle tipologie che non saranno sospese? Si poteva definire “connesso con l’esercizio delle professioni sanitarie”? Di certo non è “attivato presso i ministeri dell’interno e della difesa”.

E quindi, si sono chiesti i corsisti che hanno reso incandescenti le chat dei gruppi creati per condividere l’esperienza che potrebbe spalancare loro le porte dell’insegnamento, “Perché le nostre lezioni non vengono sospese? Noi possiamo rischiare il contagio?”. E ancora: “Io ho capito una cosa. Per farci frequentare evidentemente non chiuderanno la Facoltà. Ciò significa che non la faranno nemmeno sanificare. La chiusura delle scuole e università, a parte la via precauzionale, è legata alla sanificazione che dovrebbero fare!! L’università sta puzzando di suo (e lo sappiamo bene), in più non è salubre… Vi rendete conto?”, tanto per citare quelli che sintetizzano al meglio l’umore.

Ma non basta. In serata c’è chi, supportato dal parere di un legale penalista, visto che l’articolo 650 del codice penale afferma che si sarebbe trattato di “inosservanza dei provvedimenti dell’autorità”, già si era messo in moto inviando una mail per chiedere chiarimenti al Rettore di Catania.

Secondo quanto appreso, si sarebbe voluto mantenere attivo il corso a tutti i costi perché l’Ateneo di Catania sarebbe l’unico ancora indietro con le lezioni, visto che mancano ancora 15 giorni alla conclusione del Tfa. “Ma non è dipeso da noi – dicono i corsisti – che, inoltre, nonostante ognuno, dopo la selezione, abbia dovuto pagare una retta di 3700 euro per partecipare (la più cara degli atenei italiani), non possiamo avere garantite le lezioni con le videoconferenze perché l’università di Catania non è attrezzata. Una vergogna nella vergogna”.

A placare gli animi ci ha pensato il Rettore Francesco Priolo, che ha fatto diffondere una mail con scritto: “Domani saranno sospese anche le attività didattiche del sostegno”.

 

 

 

 

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