Parte da oggi lo sciopero degli avvocati di 15 giorni proclamato dall’Organismo congressuale forense per protestare contro l’inadeguatezza delle misure adottate per ridurre il rischio di contagio da Coronavirus negli uffici giudiziari.

Ma “si segnalano da più parti situazioni in cui questo o quel giudice nega la legittimità del diritto alla astensione, per mancanza niente di meno che di gravi eventi lesivi della incolumità e della sicurezza dei lavoratori”.

E in tutti questi casi l’Organismo Congressuale Forense, assicura in una nota, “è pronto a tutelare i diritti degli avvocati sia dinanzi alla Commissione di Garanzia per l’esercizio del diritto di sciopero, sia in tutte le altre sedi”.

“Siamo davanti a eventi gravissimi e purtroppo epocali, tempi in cui addirittura vengono chiuse le scuole e le attività ricreative che rischiano di produrre affollamento e c’è qualcuno che si permette di sindacare la gravità della situazione, spiegando che non ci sono rischi per la sicurezza, mentre notizie di quarantene e contagi si rincorrono nei palazzi di giustizia – afferma Giovanni Malinconico, coordinatore dell’Ocf – Ci poniamo una domanda: come è possibile mantenere la distanza di un metro in quei gironi danteschi che sono certi tribunali italiani? È tutela della propria incolumità e sicurezza, quella che spinge gli avvocati alla astensione, certo non il desiderio di riposo, atteggiamento che semmai va cercato altrove, non nella categoria forense”.

“Signor Ministro, le domande semplici esigono risposte inequivoche. Quali differenze il Governo ritiene sussistano, ai fini dell’obiettivo di contenimento della diffusione del coronavirus, tra uno stadio, un’aula scolastica, una sala cinematografica, ed invece un Tribunale?”: così l’Unione delle Camere penali si rivolge al ministro della Giustizia.

“Se avete deciso (e ne avrete avute tutte le ragioni) di chiudere le scuole di tutta Italia, dovete spiegarci perché – scrivono i penalisti in una lettera pubblica a Alfonso Bonafede – non chiudere (salvi i processi urgenti ed indifferibili) i Tribunali. Ancor meno comprensibile è l’idea di rimettere ogni decisione ai responsabili degli Uffici Giudiziari, senza vincolarli a parametri univoci e categorici, ispirati e regolati dagli unici criteri rilevanti, cioè quelli della scienza medica e della tutela della salute pubblica”.

E se “è del tutto ovvio e condivisibile affermare che non possa essere rimessa agli avvocati la valutazione delle condizioni e dei parametri di salvaguardia della salute pubblica”, perché invece “questa ineccepibile considerazione non dovrebbe invece valere per un Procuratore della Repubblica o per un Presidente di Corte di Appello? In nome di cosa, cioè di quali cognizioni scientifiche si chiudono alcuni Tribunali, e se ne tengono aperti altri?”.

“Ecco le domande alle quali ci attendiamo adeguate risposte da parte di chi ha la difficile responsabilità di governare un Paese. Dovreste comprendere Voi per primi che in una situazione di allarme sociale e di crescente ansia dei cittadini, regole di comportamento inspiegabilmente diverse adottate in relazione a situazioni equivalenti creano sconcerto, rabbia, smarrimento, ed avviano l’allarme verso la strada pericolosa della paura irrazionale e incontrollabile”, concludono i penalisti.

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