• Quali sono i quesiti in tema di conseguenze della recente emergenza sanitaria sui rapporti di locazione in corso?

Intanto va detto che le domande giungono sia dal conduttore che ha problemi a pagare il canone, sia dal locatore che non vuole perdere il fitto su cui è comunque costretto a pagare imposte, e che deve pagare comunque le spese condominiali.

Il fatto è che su tutto il territorio nazionale, per effetto dei DPCM marzo 2020, sono state sospese tutte le attività commerciali al dettaglio (eccetto generi alimentari, sanitari, tabaccai, edicole), per cui in alcuni casi il conduttore ha visto paralizzata la propria attività per una causa -emergenza sanitaria- che non è imputabile né al conduttore né al locatore.

Lo Stato ha così previsto agevolazioni fiscali per i conduttori, ma SOLO per alcune locazioni uso non abitativo che non possono proseguire l’attività.

Nulla è previsto per le locazioni ad uso abitativo, che non subiscono dirette refluenze dalle misure di contenimento a fini sanitare, che in nessun caso giustificano il mancato pagamento del canone, al più giustificandosi il solo ritardo.

 

  • Ma cosa prevedono le nuove norme?

È previsto un credito di imposta pari al 60% dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1– Negozi e botteghe, a condizione che sia stata effettivamente pagato e che l’attività sia del tutto sospesa per legge.

È pure previsto che la situazione pandemica venga valutata per escludere la responsabilità del debitore per il mancato tempestivo pagamento del fitto, ma non è autorizzata la sospensione o la diminuzione del canone. NESSUNA nuova norma quindi prevede o comunque autorizza la sospensione del pagamento del canone.

 

  • Cosa prevede allora la normativa generale vigente?

L’art. 27, l. n. 392/1978 prevede che, per gravi motivi, il conduttore può recedere con preavviso di 6 mesi: l`attuale crisi finanziaria, secondaria alla crisi sanitaria, certamente potrebbe autorizzare il recesso anticipato dal contratto, ma non la sospensione del pagamento del fitto;

L’art. 1464 c.c. disciplina invece la impossibilità parziale sopravvenuta, prevedendo la possibilità della riduzione della prestazione (canone): ma dato che la situazione non ha le caratteristiche della definitività, non è possibile autonomamente ridurre la prestazione;

L’art. 1467 c.c. disciplina invece la eccessiva onerosità sopravvenuta che autorizzerebbe tuttavia solo la pretesa di risoluzione del contratto da parte del conduttore (evitando il preavviso di 6 mesi per gravi motivi), e non la sospensione dei pagamenti;

Nessuna di dette norme autorizza quindi l’automatica sospensione/riduzione dei pagamenti.

Semmai, a seguito del provvedimento di chiusura delle attività commerciali di cui al D.P.C.M. 11 marzo 2020, risulterebbe invocabile all`art. 1256 c.c. che prevede la c.d. impossibilità temporanea di adempiere alla propria obbligazione: si tratta, tuttavia, di una posticipazione dell’obbligo e non di una sua esclusione.

 

  • Ma allora può il conduttore autonomamente sospendere/ridurre il pagamento?

Il conduttore ha diritto solo a fruire del credito di imposta sul canone a condizione della COMPRESENZA delle seguenti condizioni: immobile categoria C1; attività del tutto inibita ai sensi del DPCM (escludendo quindi tutte le attività consentite, come farmacie, tabacchi, edicole e, dal 14.04.20 librerie, cartolerie e articoli per infanti); effettivo pagamento del canone.

Certamente NON ha il conduttore automatico diritto alla riduzione o sospensione del canone, dovendosi ulteriormente differenziare:

    1. le attività consentite, per le quali il mancato pagamento del fitto neppure potrebbe giustificarsi ex art. 91 D.L. n.18/2020, che fa espresso riferimento ad attività chiuse dalle “misure di contenimento di cui al presente decreto”, restando applicabili gli istituti della “impossibilità sopravvenuta” di adempiere al pagamento o di “eccessiva onerosità sopravvenuta”,
    2. le attività non consentite perché non ritenute essenziali, che per legge devono rimanere chiuse, per le quali rimane invocabile il detto art. 91 D.L. n.18/2020, ovvero il “ritardo incolpevole”, con valutazione da effettuarsi in sede giudiziale.

Fermo resta che detta norma appare applicabile al solo periodo di emergenza, e che non comporta la perdita del diritto del locatore al fitto, che potrà comunque a fine emergenza essere richiesto, specie ove si consideri che allo stato il pagamento delle imposte locatizie e immobiliari non risulta per nulla sospeso.

 

Conviene quindi, sia al conduttore che al locatore, contrattare una temporanea riduzione consensuale del fitto per i mesi di emergenza.

Ciò per due ordini di ragioni: la prima è evitare un futuro contenzioso dall`esito incerto, posto che ben difficilmente potrebbe il locatore recuperare il canone pieno nei confronti di un conduttore divenuto verosimilmente insolvente; la seconda, di natura fiscale, è evitare il rischio di pagare imposte su fitti non percetti, garantendosi invece, con una temporanea riduzione del canone, che il conduttore possa adempiere e che si paghino le imposte sul minore fitto.

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