L’edilizia sociale è stata esclusa dal dibattito sulla riqualificazione del Santa Marta di Catania.

Lo ha affermato il Sunia, il Sindacato Unitario Nazionale Inquilini Assegnatari che ha ravvisato la lacuna nelle proposte emerse nelle scorse settimane in merito alla sorte dell’ex nosocomio del capoluogo etneo.

Il sindacato ha chiesto un confronto con l’amministrazione comunale sull’argomento ritenendo che anche a Catania, così come accade in altre città italiane ed europee, si possa rivitalizzare il centro urbano “inserendo quote di edilizia sociale nei contenitori pubblici dismessi”.

Secondo il Sunia questa sarebbe l’occasione per partecipare al bando del Mit finanziato con 854 milioni di euro per il “Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare” .

“Non si può parlare di rigenerazione di quell’area, strategica – spiega la segretaria del Sunia Giusi Milazzo – senza considerare che vi insistono gli edifici degli ex ospedali Vittorio Emanuele e Santo Bambino. La progettazione di interventi sulla città e di rifunzionalizzazione dei grandi contenitori dismessi, deve basarsi sui bisogni della popolazione e sul fatto che la chiusura dei nosocomi ha comportato, in tempi brevissimi, lo spopolamento di una zona che si è marginalizzata”. Per il Sunia “l’idea di realizzare edilizia popolare solo nelle periferie già dense di edifici residenziali pubblici, è sbagliata”, mentre “ricostituire invece comunità nei quartieri, potrebbe ridare nuovo senso in questi anni di pandemia”

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