Dichiarato ufficialmente lo stato di dissesto del Comune di Catania, ecco quali sono gli effetti. Così, come previsti dalla normativa, nudi e crudi.

RISANAMENTO

Innanzitutto, bisogna sottolineare che la disciplina del dissesto mira al risanamento dell’ente, che deve necessariamente continuare ad esercitare la propria attività, in quanto costituzionalmente necessario. In altri termini, al contrario di quel che in maniera superficiale affermano coloro che non conoscono la materia o che deliberatamente drammatizzano i concetti per attaccare oppositori o per il piacere di alimentare allarmismo, non può cessare di esistere.

Gli effetti del dissesto si riflettono sugli amministratori, sui diritti dei creditori, sulla gestione ordinaria del Comune e sono tutte strumentali all’operazione di risanamento avviata.

STOP AZIONI ESECUTIVE 

La prima conseguenza immediata è la sospensione del termine per deliberare il bilancio, poiché questo dovrà basarsi sulla manovra di riequilibrio che fa carico all’ente.
Inoltre viene introdotto il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell’Organo straordinario di liquidazione. E’ un dispositivo che si attiva per permettere a tutti i creditori di partecipare alla riscossione di quanto spetta loro con le stesse probabilità di successo: la cosiddetta par condicio creditorum, le stesse condizioni per tutti.

Le procedure esecutive pendenti, dal giorno della dichiarazione di dissesto, sono dichiarate estinte, a parte l’inserimento nella massa passiva dell’importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese. Viene anche stabilita l’inefficacia dei pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione di dissesto, che non vincolano né l’ente né il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell’attività comunale e le finalità di legge.
Inoltre, sino all’approvazione del rendiconto, i debiti insoluti e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate, non producono più interessi e rivalutazione monetaria. E’ una norma che ha suscitato pesanti critiche, perché considerata incostituzionale. La Corte Costituzionale, chiamata in causa, ha ritenuto infondata la questione affermando che il blocco della rivalutazione e degli interessi ha lo scopo di impedire un ulteriore deterioramento della condizione patrimoniale del debitore. Insomma, non si vuole infierire su un ente già messo alla prova da una durissima situazione e che ha sulle spalle la responsabilità di impiegati e cittadini.

STOP A NUOVI MUTUI

Fino all’emanazione del decreto sull’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato non potranno essere contratti nuovi mutui, fatta eccezione per quelli previsti a copertura della massa passiva e dei mutui con oneri a totale carico dello Stato o delle regioni. Il nuovo indebitamento è quindi consentito solo se non porta alcun aggravio al bilancio dell’ente, che deve, quindi, muoversi con attenzione se vuole conseguire il risanamento: di conseguenza vengono introdotti vincoli nell’assunzione degli impegni di spesa e nell’attivazione delle entrate.

ESERCIZIO PROVVISORIO

Sul fronte della spesa i limiti si riflettono sia sulla gestione di competenza sia di cassa. In questa fase si opera in una sorta di esercizio provvisorio, prendendo come riferimento della gestione l’ultimo bilancio approvato, rispetto al quale non si potranno impegnare somme superiori. Per quanto riguarda la gestione di cassa è previsto che i pagamenti non possono superare mensilmente un dodicesimo delle somme rispettivamente impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi.
Sul Comune non gravano non soltanto obblighi volti al contenimento della spesa, ma anche tendenti alla realizzazione di incrementi delle risorse in entrata.

LE TASSE

Per quanto riguarda le tasse, l’adeguamento al massimo delle aliquote e delle tariffe delle imposte locali è già al massimo da cinque anni, da quando è stato dichiarato il pre dissesto nel 2013.

LA RESA DEI CONTI?

Il giorno della dichiarazione del dissesto dovrebbe essere pure quello dell’avvio della resa dei conti, in tutti i sensi; della caccia al o ai colpevoli. Quel a cui tengono in particolar modo i catanesi, che ancora non sanno chi è il responsabile della pagina amministrativa più buia della storia del capoluogo etneo.

Le sanzioni nei confronti degli amministratori locali, che la Corte dei Conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni cagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario prevedono che non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, revisore dei conti di enti locali e di rappresentanti di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati quando il giudice contabile, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l’amministratore è stato riconosciuto responsabile.

ADDIO ALLE CARICHE PUBBLICHE

Inoltre, i sindaci ritenuti responsabili non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alla carica di primo cittadino, di presidente di Giunta regionale, di consigliere comunale, delle assemble e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Non possono altresì ricoprire, sempre per un periodo di tempo di dieci anni, la carica di assessore comunale, provinciale o regionale, né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Prevista pure una sanzione pecuniaria.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here