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Scenario 1:

“Dottore Orlando, lei non ha vergogna; lei deve avere vergogna. Per levare un po’ di munnizza deve venire il Papa. E’ venuto Conte a Palermo e non si è presentato, prendeva in giro le persone. Dottore Orlando lei è un cunnutu. E’ una vita che glielo dovevo dire che è un cunnutu”.

Lo sfogo di un cittadino palermitano è stato registrato durante un’uscita pubblica di Leoluca Orlando. Il sindaco di Palermo è al centro di polemiche durissime per la sua presa di posizione contro il decreto sicurezza firmato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, mentre la città che amministra affoga fra cumuli di spazzatura e di problemi che affliggono i palermitani: disoccupazione, povertà, criminalità.

Il primo cittadino, eletto da una coalizione di centrosinistra e che lo scorso gennaio ha aderito al Pd, è un cornuto, per il cittadino che sintetizza con un insulto la sua esasperazione e quella di numerosissimi siciliani, offesi, loro ancor di più, da quella battaglia pro immigrati che puzza tanto di propaganda, di strumentalizzazione, di sensibilità a gettone.

Un “cunnutu” che poteva essere evitato, che non deve essere da esempio, ma che dovrebbe fare riflettere quei politici che sembrano distanti dalla realtà che ha permesso loro di occupare poltrone dorate e che avrebbero il dovere di ascoltare, capire, agire, sempre, subito, senza calcoli, senza doppiopesismi, senza coupe de theatre, senza, una volta diventati rappresentanti e responsabili del popolo che rappresentano, indossare casacche di partito.

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Scenario 2:

Quelle casacche che diventano ancor più odiose quando si esibiscono durante una commemorazione. Quel che documenta il video registrato da Orietta Scardino non avrebbe bisogno di commenti.

Perché se a Palermo l’unica nota stonata è stato quell’unico termine offensivo espresso dal cittadino che non si sente tutelato dal suo sindaco, il “verme” urlato a Fabio Cantarella e quei cori “Fuori i razzisti dal corteo” indirizzati all’assessore del Comune di Catania sono una grottesca contraddizione, una inqualificabile offesa alla memoria di chi ha sacrificato la vita per combattere la mafia, per la libertà di espressione. E non ci si esprime con gli insulti mai. Né a Palermo né a Catania.

Tantomeno durante una commemorazione, che non dovrebbe avere sfumature politiche, bandiere palestinesi, bandiere di qualsiasi tipo, slogan che nulla hanno a vedere con la memoria. Con la memoria di Giuseppe Fava.

Si vede un comune cittadino, Cantarella, offeso anche perchè “prima facevi parte del Mpa, ora della Lega, verme”, invitato ad andarsene, rifiutato da chi poi afferma di difendere i valori democratici, da chi poi intona “Solidarietà, accoglienza, è questa la nuova Resistenza”.

 

 

 

 

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