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La belva esce dalla Questura di Messina come se nulla fosse accaduto. Appare rilassato, Cristian Ioppolo. Soddisfatto. Ha massacrato la sua fidanzata con calci e pugni. L’ha picchiata selvaggiamente fino a farla morire fra indicibili sofferenze e appare così come vedete nel video, come se fosse la cosa più naturale continuare a camminare, a respirare, a tenere la testa alta e non vergognarsi, non provare orrore di se stesso.

L’assassino che ha confessato l’omicidio di Alessandra Musarra sul suo profilo Facebook è un susseguirsi di ghigni, di pose da bullo, di immagini di lupi aggressivi, che mostrano le zanne.

Un’inquietante preannuncio di quel che poi si sarebbe manifestato. E che adesso è oggetto della rabbia di chi l’ennesima morte di una ragazza vittima del fidanzato-carnefice non riesce a sopportarla. Sono numerosi i commenti di utenti che, nella migliore delle ipotesi, gli augura la morte.

Gelosia, ha confessato di avere ucciso per gelosia, Ioppolo. Ha cercato di attribuire l’orrendo crimine all’ex di Alessandra, con tanto di messaggio inviato col telefonino della vittima alla madre di lei, col quale ha cercato di fare credere che stesse chiedendo aiuto perché la vecchia fiamma la stava minacciando. Così freddo da cercare pure di depistare, di allontanare da sé sospetti, di accusare.

Alessandra forse aveva capito che non era lui l’oasi che ogni essere umano in cerca di amore desidera. Sul suo profilo non ci sono ghigni.

C’è una ragazza semplice, dolce, amante della cucina, che nel suo ultimo post, pubblicato mercoledì, il giorno prima di essere uccisa, mostra un paio di occhiali che avrebbe voluto acquistare.

E che, nello stesso giorno, condivide questo video…

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E commenta: “Bravissimi gli attori ogni anno in vista alla festa della donna ci sono sempre nuovi temi di violenze sulle donne perché sono in mille modi…e Un Posto al Sole le racconta tutte. Grandiosi…”

Fa rabbrividire. Perché adesso suona come un allarme, una richiesta di aiuto, un messaggio nella bottiglia nell’oceano della solitudine in cui si disperde chi non riesce a fuggire in tempo dai mostri che improvvisamente si materializzano, chi è abbandonato da leggi ancora troppo blande, distaccate dalla realtà, non adeguate alla difesa delle vittime di abusi e violenze all’interno di un rapporto sentimentale. Sono sole le donne, è un dato di fatto. Perché se si trova il coraggio di denunciare poi non ci sono strumenti capaci di rendere innocua la bestia che vuole divorare, distruggere.

Alessandra, che voleva difendere la sua serenità, che voleva trovare il coraggio di ricominciare, che si meritava il meglio. Che non voleva morire.

Che non doveva morire.

 

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